Intervista Online: Maria Mastrorilli

Nell’intervista Online sulla pagina Facebook con Maria Mastrorilli, educatrice scolastica e collaboratrice del blog nonché moderatrice della pagina e del gruppo ci spiega il suo ruolo all’interno della scuola approfondendo la funzione dell’educatore scolastico all’interno del lavoro educativo con l’alunno disabile.

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La Didattica a Distanza: un primo bilancio di un nuovo modo di fare scuola

di Barbara Castellano, insegnante di scuola primaria e educatrice socio-pedagogica

Il primo mese di didattica a distanza, dopo la chiusura dei plessi scolastici, ha messo sicuramente in luce quanto la classe docente abbia lavorato per cercare di portare avanti l’anno scolastico in corso nel migliore dei modi e la disponibilità degli insegnanti a trovare soluzioni, per permettere a tutti gli studenti di proseguire il loro percorso di studi, preparandoli agli esami della scuola secondaria.

E’ fondamentale non far mancare la presenza agli alunni dei propri professori o maestri, in quanto le relazioni educative, specie quelle che s’instaurano con le fasce più giovani degli scolari, si basano sull’empatia fra il docente e i suoi allievi. 

Un sorriso del proprio maestro è sicuramente confortante e importante, in questo periodo di quarantena, dove traspariscono dagli adulti, in particolare, sentimenti di paura e di trepidazione che invadono la realtà quotidiana di ciascun nucleo familiare, nel quale vive uno scolaro, per cercare di riportare un po’ di serenità in una situazione di difficoltà per tutti, resa tale dall’emergenza sanitaria. 

La realizzazione della Didattica a Distanza è stata affidata ad insegnanti, non sempre preparati al compito richiesto, ma che stanno rispondendo alla nuova modalità proposta con dedizione ed impegno: ogni giorno ci si collega con i propri alunni attraverso piattaforme specifiche (Skype, Zoom, Meet, ecc…) facendo video-lezioni, interrogandoli, inviando compiti tramite email.

Il primo bilancio della DAD (acronimo di Didattica a Distanza), oltre ad essere stato positivo, ha comunque evidenziato alcune pecche della scuola italiana; una fra queste: che non tutti gli studenti di ogni ordine e grado, da Nord a Sud, possiedono una strumentazione adeguata, dai mezzi informatici (PC e Tablet) ad una buona connessione internet, che consenta un collegamento all’altezza per poter svolgere lezioni sulle varie piattaforme online, proposte dai vari registri elettronici in dotazione al personale docente. 

Il nuovo DPCM del 8 marzo 2020 ha stabilito che la modalità della DAD è diventata obbligatoria per tutti gli ordini e gradi della scuola, per poter far acquisire agli alunni le competenze di base e continuare con la programmazione in vista degli esami della scuola secondaria. 

L’ultimo mese di DAD, che coincide col mese di maggio, sarà un ulteriore banco di prova per tutti gli insegnanti, nell’impegnarsi a concludere quest’anno anomalo, nel quale si è stati chiamati a reinventare la didattica in una nuova modalità e che ha dato una spinta al cambiamento della classe dei professori.

Ci si sta già proiettando al nuovo anno scolastico da parte dei docenti e degli alunni, che dovranno saper far fronte alle nuove misure di contenimento del virus, imposte dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, ma sicuramente con un rinnovato spirito di insegnamento e d’apprendimento.

Bibliografia

DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 8 marzo 2020

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Lo scarabocchio infantile: la prima forma d’arte del bambino


di Barbara Castellano, collaboratrice del blog.

Lo scarabocchio è la prima forma d’arte che il bambino attua quando diventa abile nei movimenti con la mano ed è la chiave di accesso privilegiata al suo mondo interiore. 

Lui incomincia a disegnare intorno al dodicesimo mese e lo vive come un gioco qualsiasi che può svolgere nel corso di diverse situazioni ludiche.  

Tutti i bambini amano disegnare in momenti precisi della giornata ed apprendono che questa è un’attività divertente e può essere svolta o in compagnia o da soli. 

L’avvicinamento al foglio avviene intorno al primo anno di vita, quando il fanciullo inizia a prendere in mano le sue prime matite e pennarelli e da lì che scopre di poter lasciare delle tracce sul foglio e piano piano diventa un’attività, con la quale incomincia comunicare con il mondo attorno a sé e in modo particolare con gli adulti di riferimento.  

Con l’andare del tempo lui perfeziona la sua capacità di attenzione, coordinazione oculo-manuale, ciò significa che ci sarà un miglioramento graduale del controllo dello sguardo con i movimenti della mano, che impugnano la matita e di tutte le altre capacità cognitive che gli consentiranno di progredire ed acquisire nuove competenze. 

In questo lasso di tempo il bambino sperimenta sul foglio le prime forme circolari e le linee che poi nello stadio successivo daranno vita alla forma del corpo umano, a quella del sole e dell’albero. 

Lo scarabocchio infantile ha inizio al diciottesimo mese e si conclude intorno ai due anni; in una prima fase dello sviluppo, l’infante apprende dimestichezza con il foglio ed inizia a tracciare linee casuali; lo spazio della carta viene colmato da forme centrifughe che si posizionano dalla base del foglio più vicina al corpo del piccolo per poi allontanarsene gradualmente.  

Si nota che il disegno si posiziona particolarmente da una parte del foglio; destra o sinistra, cioè è detto omolaterale, dipende prevalentemente dall’uso di una o dell’altra mano.  

In questo momento dell’evoluzione infantile, il processo di lateralizzazione non è ancora completamente definito, ossia la prevalenza di una parte del corpo rispetto all’altra e si stabilizzerà verso i sei anni, all’entrata alla scuola primaria. 

In questa fase detta dello scarabocchio disordinato, il disegno del fanciullo si mostra ancora come una scarica motoria di cerchi e di linee senza una direzione ben precisa e sono casuali fra loro, manca uno reale controllo tra lo sguardo e i movimenti della mano e anche per l’intenzionalità nel disegno; si tratta prevalentemente di una fase di scoperta del gesto e dello spazio del foglio. 

In seguito si passa alla fase definita dello scarabocchio controllato, nella quale il bambino padroneggia maggiormente i movimenti della mano con lo sguardo e rende più regolari le forme, disegnando cerchi e linee distaccate fra loro.  

Dopo di questa fase, segue lo stadio del pre-schematismo che comincerà intorno ai due anni per concludersi i verso i sei anni. 

Il disegno è l’espressione del mondo interiore di ciascun bambino e si deve tener conto che la realtà è percepita, vista e sentita secondo il suo particolare modo d’interpretarla.  

Si possono analizzare le linee e il tratto dal disegno infantile; esse possono esprimere gli stati emotivi del soggetto come tristezza, gioia, fatica e sicurezza; invece un insieme di linee spezzate potrà significare rabbia o collera mentre un tracciato con linee arrotondate e smussate rifletterà dei vissuti di serenità e pacatezza. 

Il disegno infantile ci parla della vita interiore del bambino, del suo sapersi misurare con le relazioni sociali e con quelle familiari, dei suoi sogni, delle sue paure e delle sue ansie. 

Di Barbara Castellano – collaboratrice del blog, insegnante di scuola primaria e educatrice socio-pedagogica 

Bibliografia e Webgrafia  

Lo scarabocchio infantile di Melania Cavalli-Arteterapeuta- http://www.percorsiformativi06.it 

Il significato del disegno infantile di Anna Oliverio Ferraris; Bollati Boringhieri, 2012. 

Dispense – L’interpretazione del disegno infantile- Seminario della Dott.ssa Sara Febo (psicologa e mediatrice familiare) – www.igeacps.it 

Articolo – Lo-scarabocchio-le-prime rappresentazioni grafiche dei bambini -l http://www.disegnoinfantile.it 


L’arteterapia come approccio educativo rivolto a tutte le fasce d’età

di Barbara Castellano, collaboratrice blog.

L’arteterapia è l’arte della narrazione cheogni persona intraprende per trovare la propria modalità per esprimersi artisticamente.

L’arteterapia significa terapia attraverso l’arte, ossia associa l’attività creativa con finalità estetica all’obiettivo di curare, di alleviare e di migliorare problemi, sintomi e malattie, è considerata un percorso di appoggio e di cura a livello psicologico e psicoterapeutico.

Essa è un recente campo di studi che si è sviluppato nei paesi anglosassoni (Usa e Inghilterra) verso la fine della Seconda Guerra Mondiale, e ha trovato il suo primissimo impiego nella riabilitazione dei soldati che rientravano dal fronte di guerra, per aiutarli a superare i loro problemi psichici.

In Italia è approdata negli anni ’70, in particolare, quando c’è stato il mutamento dei servizi di Salute Mentale, determinato dalla riforma del Servizio del Sistema Nazionale Sanitario.

Attualmente l’arteterapia è considerata una tecnica di sviluppo personale, di autoconoscenza, e di espressione emotiva.

Sebbene gli effetti della contemplazione dell’arte sulla mente e sulla fisiologia umana fossero già noti agli antichi, solo in un momento successivo, grazie alla psicoanalisi freudiana dalla quale deriva ed alle esperienze della psicoterapia dinamica, l’arteterapia si sviluppò come una disciplina autonoma con un proprio carattere multidisciplinare e multiprofessionale.

Essa ha trovato un forte impulso negli studi americani, ed è stata definita dall’AATA(American Art Therapy Association) come una professione nell’ambito della salute mentale che usa il processo creativo per migliorare e risollevare il benessere fisico, mentale ed emotivo degli individui, a prescindere dalla loro età.

In questo modo, diventa fondamentale la credenza che il processo creativo e l’espressione artistica aiutino le persone a risolvere conflitti e problemi, a sviluppare le abilità interpersonali, a gestire i comportamenti, a ridurre lo stress, ad aumentare l’autostima e la coscienza di sé stessi, ed a raggiungere l’insight(introspezione).

La descrizione precedente è l’accezione psicologica ed analitica del processo dell’arteterapia. Ciò che conta è che si può inoltre usare questo percorso da un punto di vista socio-educativo ed esso è rivolto a tutte le fasce d’età.

Quando l’arteterapia è indirizzata ad essere un intervento socio-educativo, essa contribuisce a dare risposte alle necessità sociali o personali di ogni individuo coinvolto nel processo; attraverso le attività di ozio e di tempo libero per scoprire le potenzialità nascoste ed inoltre per appoggiare i processi di interazione sociale delle persone implicate.

Il ruolo professionale dell’arteterapeuta, in questo caso, è quello dell’istruttore- mediatore, che ha il compito di condurre il laboratorio-atelier, di organizzare lo spazio, e di controllare la presenza di tutto il materiale prima che arrivino gli utenti.

L’arteterapeuta dà l’’impostazione al laboratorio secondo il metodo scelto, con obiettivi di sviluppo socio-educativi distinti fra loro; accoglie le persone in un’atmosfera calma e tranquilla, nella quale mette a suo agio gli utenti, ed indirizza il lavoro artistico, in considerazione del gruppo di riferimento e delle problematiche presenti.

L’arteterapeuta pone la sua figura in maniera discreta, cercando nell’espressione artistica la vera fonte del cambiamento della persona, avviando il percorso su attività di tipo plastico, manuale, e di disegno.

Il mezzo che unisce le due parti (arteterapeuta-utente), coinvolte nel procedimento, si riferisce essenzialmente al prodotto artistico.

Il linguaggio usato è quello delle immagini o degli oggetti prodotti, finalizzati ad uno sviluppo comunitario o personale, all’integrazione sociale, ed alla ricreazione del singolo e del gruppo nel suo complesso.

Dott.ssa Barbara Castellano- insegnante, educatrice socio-pedagogica

Biografia e webgrafia:

Arieti S. (1979) – Creatività La sintesi magica -ed. Il Pensiero Scientifico1979

Dierssen, M. (2016) El cerebro artístico. La creatividad desde la neurociencia

Lopez Martinez, M.D. (2010) Arteterapia. Concepto y evolución histórica

Articolo diwww.ilgiardinodeilibri.it/speciali/arteterapia-come-funziona-e-in-cosa-consistedell’ottobre 2017

Dipendenza Affettiva: si può morire per amore?

 

di

Maria Mastrorilli, collaboratrice del blog (articoli e social)

 

 

L’amore nelle sue diverse forme di attaccamento e nelle sue manifestazioni più positive e più sane, rappresenta un naturale e profondo bisogno di ogni essere umano. Quando un rapporto affettivo diventa un “legame che stringe” o ancor peggio “dolorosa ossessione” in sui si altera quel processo di “dare” e “ricevere”, l’amore può trasformarsi in un’abitudine a soffrire fino a divenire una vera e propria “dipendenza affettiva”, un disagio psicologico che è in grado di vivere nascosto nell’ombra anche per l’intera vita di una persona, ponendosi tuttavia come la radice di un costante dolore e alimentando spesso altre gravi problematiche psicologiche, fisiche e relazionali. La DIPENDENZA AFFETTIVA (DA)è una modalità patologica di vivere la relazione, in cui la persona dipendente arriva a negare i propri bisogni ed a rinunciare al proprio spazio vitale pur di non perdere il partner, considerandolo unica e sola fonte di gratificazione nonché fondamentale fonte di “amore” e cura. Il punto tuttavia è che spesso questi partner non sono affatto gratificanti ma, al contrario, si tratta di persone con le quali si instaura una relazione insoddisfacente, infelice e dolorosa. Il dipendente affettivo infatti prova un tale bisogno, assoluto e ossessivo, di rassicurazione e di certezze da indurre una sorta di “perdita dell’Io” ed una condizione in cui l’altro rappresenta il solo elemento di ebbrezza e di gratificazione possibile. La DA fa parte delle cosiddette “New Addictions”, quelle forme di DIPENDENZE COMPORTAMENTALI,poiché non vedono coinvolta alcuna sostanza chimica (come alcol o sostanze di abuso): l’oggetto di queste dipendenze infatti è un comportamento (o una persona nel caso della DA) o un’attività lecita e socialmente accettata. La DA (Love Addiction) sembra una patologia declinata soprattutto al femminile e coinvolgente maggiormente le donne: il 99% dei soggetti dipendenti affettivi è di sesso femminile, con fascia di età variabile dalla post-adolescenza (età dai 20 ai 27) fino all’età adulta delle donne con figli. Nonostante la diversità di età, alcuni specifici elementi accomunano tutte queste donne: si tratta di donne fragili; bisognose di conferme;con una scarsa autostima;terrorizzate dal fantasma dell’abbandono; tendenti alla iperresponsabilizzazione; provenienti da famiglie problematiche(abusi sessuali, maltrattamenti fisici o psicologici, storia di alcolismo, bulimia o altre dipendenze nei genitori) nelle quali sono cresciute sviluppando un profondo e radicato vissuto di inadeguatezza ed indegnità personale. La DA si accompagna frequentemente ad altre condizioni di sofferenza psicologica: Disturbo Post-Traumatico da Stress conseguente ad abusi sessuali con manifestazioni quali incubi notturni, attacchi di panico, sintomi dissociativi, perdita di concentrazione e vuoti di memoria, distimia. Altre forme di dipendenza: ad esempio quella da cibo, sesso, gioco d’azzardo, sostanze o attività fisica; Disturbo Ossessivo Compulsivo; disturbi d’ansia. È possibile uscire dalla dipendenza affettiva, ma per farlo occorre andare alla scoperta di sé stessi, della propria identità e dei propri bisogni. Occorre imparare ad amarsi, e costruire una propria dimensione individuale ben distinta da quella dell’altro. Questa è la base imprescindibile per stare bene con sé e con gli altri, e per poter costruire un rapporto di coppia sano e basato sull’uguaglianza. È infatti illusorio pensare di poter trovare all’esterno quello che ci manca!. Il dipendente affettivocerca con ostinazione amore dagli altri, ma questa spirale di sofferenza può finalmente essere spezzata cercando innanzitutto la propria identità, per non rischiare di fondersi con l’altro e di perdersi definitivamente. L’amore sano è tra due persone, tra due cuori che crescono assieme e danno ognuno un proprio contributo al rapporto!. Nella dipendenza invece ci sono due individui che in realtà finiscono per fondersi e uno dei due per scomparire, come se non avesse diritto di esistere. Questo tipo di amore non può funzionare ma genera solo grande sofferenza!. È consigliabile ricorrere all’aiuto di un professionistache ci possa lentamente e delicatamente accompagnare lungo questo percorso di conoscenza e cambiamento radicale.

Dott.ssa Maria Mastrorilli, Educatrice professionale socio-pedagogica

BIBLIOGRAFIA E WEBGRAFIA:

“La dipendenza affettiva. Ma si può morire anche d’amore?”Cesare Guerreschi. Franco Angeli. 2011.

Dott.ssa Annalisa Barbier “La dipendenza affettiva: sintomi, origine e trattamento” https://www.psicoterapiapersona.it/dipendenza-affettiva/consultato in data 09/08/2018

Dott.ssa Monia Ferretti “Amore e dipendenza affettiva: come riconoscerla e superarla”http://www.eticamente.net/46025/dipendenza-affettiva-come-uscirne.htmlconsultato in data 09/08/2018