Diario di Barbara Castellano

Italia, ottobre-novembre 2020

Caro Diario, 

Con i primi giorni di ottobre iniziano le piogge e temporali, con le relative allerte, quindi possibili stop della scuola e di conseguenza l’attivazione della Didattica a Distanza anche solo per una giornata. 

Continua il balletto delle supplenze, mancano gli insegnanti di sostegno e di comune. La nomina dalle graduatorie avviene con lentezza e in videocall, tutti gli aspiranti ad una cattedra, aspettano di poter lavorare e di far andare avanti questo immenso carrozzone.

Ci era stato promesso tutto il personale scolastico entro il 14 settembre e non c’è nemmeno l’ombra; alunni disabili scoperti come lo sono intere classi di ogni plesso. A volte ti domandi da docente se il messaggio inviato dalla ministra era propaganda politica e nient’altro. 

I famosi banchi con le rotelle non sono nemmeno arrivati, e chissà se mai ci saranno recapitati ma almeno si è pieni di flaconi d’igienizzante. 

Sono iniziate le lezioni con orario ridotto, non si può garantire il tempo pieno con l’esiguo contingente di docenti assegnati ma almeno i bambini hanno iniziato la mensa e si spera che inizi al più presto.

Dove il refettorio è l’aula stesso, tutto il banco viene sanificato dalle addette alla ristorazione e gli alunni mangiano al proprio banco come viene imposto dalle regole del Covid, per evitare assembramenti sulle scale o nella vecchia sala da pranzo.  

Gli alunni consumano lì li proprio pasto ma non possono muoversi, un modo diverso di pranzare e di gestire la vita di comunità, loro si sono adattati velocemente al nuovo modo. 

I pasti sono o cucinati dalla cucina o provengono da quelle del Comune.

Piano piano gli studenti si stanno adattando alla nuova realtà proposta dalla scuola e mettendo in campo le proprie risorse, pur di non restare a casa a seguire le lezioni dal computer o dallo schermo del telefonino del genitore. Uno sforzo cambiare le proprie abitudine ma fatto con piacere pur di essere in aula e di avere un contatto visivo con loro.

Quest’anno la festività di Halloween è stata celebrata in casa, gli alunni si sono abbigliati con abiti mostruosi e si sono collegati con i propri compagni per festeggiare, con la tipica frase “Dolcetto o scherzetto”.

Il virus, fuori dalla scuola, galoppa incessantemente su tutto territorio e si stanno adottando misure sempre più restrittive da parte del Governo, allo scopo di diminuire i contagi e di aiutare il sistema sanitario a reggere la seconda ondata del Coronavirus. 

I bambini ascoltano giornalmente queste notizie ma sperano che la scuola non chiuda perché vogliono stare fra di loro, con le maestre per imparare tutt’insieme. 

Barbara Castellano

“Cosa significa essere educatrice di una sezione lattanti?”

Mi sono chiesta che senso avesse essere un’educatrice nella sezione lattanti, poiché quest’anno avrò per la terza volta il gruppo dei bambini più piccoli. E’ stato un periodo di grande riflessione e di messa in gioco per me stessa, perchè non volevo essere la copia delle esperienze precedenti. 

Anno scolastico nuovo, spazi nuovi, bambini nuovi ma “…io sono sempre la stessa, cosa posso offrire a chi inizia questo percorso?”. Ho cercato di lavorare prima di tutto su me stessa, sulle mie paure, su quello che provo quando lavoro, su quello che i bambini mi trasmettono. Essere educatrice significa mettersi in discussione, significa delineare la propria identità professionale e personale, significa esporsi con i propri ideali e valori.

Dopo le lauree la mia paura più grande era quella di perdere quei riferimenti e quell’esercizio mentale che l’università e la formazione mi hanno insegnato. 

Spesso questa professione viene svalutata dal senso comune che crede che basti “buon senso”, in realtà è un lavoro che richiede l’intreccio di più discipline e richiede una costante riflessione. Lavorare con i bambini piccoli mi ha fatto pensare a quanto sia rischioso cadere nella banalità e nella monotonia di pensare che siano una propensione/estensione di sé, che siano creature in condizione di inferiorità rischiando così di espropriarli della loro libertà di essere. I bambini piccoli suscitano emozioni e sentimenti di compassione, ma anche di stanchezza e alle volte nervosismo, per questo è necessario avere delle competenze tecniche che ti aiutino ad usare testa e cuore, senza mai puntare all’eccesso dell’uno o dell’altro. 

Con bambini così piccoli, come la sezione lattanti, il paradosso è quello che diventino “piccoli grandi”, con aspettative sia educative che familiari inadatte. Innanzitutto quando si inserisce un bambino al nido, si accoglie l’intero nucleo familiare, con il relativo bagaglio di esperienze, credenze, tradizioni e vissuti emotivi. 

E’ necessario assumere una visione entropatica, ovvero  la possibilità di partire dalla visione del mondo dell’altro come punto di partenza, non come orizzonte di senso o ridurre le distanze ma come possibilità di conoscere davvero l’altro. Si tratta di instaurare una relazione educativa volta all’altro, dove l’educatore deve pensare a individuare mediatori che permettano all’esperienza educativa di separarsi dal mondo della vita quotidiana per tornare ad essa in modo arricchito. Per realizzare ciò ho compreso quanto sia necessario un’attenzione e una cura dell’altro che non espropri l’altro da sé ma che lo aiuti a gestire le situazioni che si vengono a delineare.

L’educatore è un professionista, non tanto per titoli, quanto per professionalità e vocazione, che mette in atto un gesto di cura, il quale, a sua volta, chiede di fare da tramite perché l’educando si possa realizzare nella sua pienezza e profondità.Si distingue dalla cura parentale proprio perché non si agisce per tentativi o per errori, al contrario è richiesta progettazione e riflessione.  Si lavora anche sull’atteggiamento dato dalla pozione assimetrica che rimanda alla dimensione del “potere” caratterizzando così il lavoro educativo. Il potere non è inteso come coercitivo ma come possibilità di produrre effetti formativi sulla relazione educativa e quindi di lasciare segni. Ho compreso che l’educazione lavora su due prospettive: una di ordine diacronico che tiene conto dei passaggi storici e che crea una storia dell’educazione su idee pedagogiche e sulle strutture educative; l’altra invece è di tipo decostruttivo – sincronico e mette in luce gli elementi di discontinuità e di rottura che hanno avuto ricadute sulla pratica e la teoria, mettendo così in discussione i modelli impliciti. Non è facile essere educatori, non si lavora mai nella certezza, ma in un continuo movimento di ridefinizione perché l’altro è una continua risorsa in piena evoluzione. Essere educatrice in una sezione lattanti significa riconoscere quando l’attenzione del bambino è richiesta oppure è una gratifica dell’adulto, significa lasciare la libertà per esplorare pur rimanendo un punto sicuro e sempre attento, significa esserci sempre con testa, cuore e corpo, significa essere con e per loro. Non è sempre facile essere un’educatrice e pedagogista, alle volte richiede fatica, non tutti i giorni sono uguali e gli umori di bambini, genitori ed educatrici cambiano. 

La mia bussola per non essere mai scontata, mai banale ne ripetitiva è aver chiaro che l’educatore non sia esecutore di compiti già dati ma il suo lavoro oscilli costantemente tra pratica e teoria. 

Essere ancora una volta educatrice della sezione lattanti non ripetitiva e scontata per me significa lavorare sull’aspetto di cura nella relazione che non è solo un momento circoscritto al bisogno effettivo ma permanga in tutto il  percorso della relazione educativa, lavorare aver cura di sé (nell’esperienza dell’educatore) lavorando sul proprio percorso, sul proprio bagaglio, sul fenomeno del rispecchiamento,avere uno sguardo attento, capace di cogliere le sfumature. Per me, è essere consapevoli che non si è solo osservatori ma si è sottoposti a nostra volta allo sguardo dell’altro, sia come esso educando, genitore o equipe. A tal propio significa ricordare di non essere mai soli, ma membri e parte di un ’équipe, dove affrontare le paure, le problematiche, il senso di vuoto e silenzio. Riconoscere all’équipe non solo una dimensione istituzionale ma un vero e proprio modo di affrontare il lavoro educativo, creando mediazioni, riconoscendo le diversità e le competenze di ciascun membro. 

Potrei dire che essere educatrice nella sezione lattanti vuol dire essere sempre pronti a migliorarsi, a stupirsi e a stupire, conoscere e conoscersi.

di

Giulia Mero

Pedagogista ed educatrice

DIARIO DI BORDO di una maestra di scuola primaria

Dal diario di bordo di una maestra di scuola primaria durante la pandemia di Covid-19

Italia, settembre 2020

Caro Diario, 

siamo due giorni a casa a causa delle elezioni regionali e del referendum, dopo aver messo a posto le aule per il distanziamento sociale, avendo preso le misure di un metro tra un banco e l’altro e fra gli alunni. 

Al ritorno a scuola, il prossimo mercoledì, dovremo rimettere tutto a posto, ricordandoci di disporre tutto a distanza di sicurezza con le sedie girate allo stesso modo, ma questo è un problema di facile risoluzione.

L’annosa incognita di ogni anno è legata alle nomine dei supplenti, necessarie per coprire le cattedre dei posti comuni e di sostegno di ogni scuola di ordine e grado. Mancano oltre 130 mila supplenze relative agli insegnanti a tempo determinato. 

La questione si doveva risolvere già il 14 settembre con la nuova graduatoria provinciale, istituita dalla ministra Azzolina, colei che dirige il Ministero dell’Istruzione, ma, come ben si sa, i tempi si sono allungati notevolmente; infatti tanti punteggi sono stati calcolati erroneamente e ora bisogna rifare le graduatorie in maniera celere, aumentando il lavoro delle segreterie.

Oltre a questo, le convocazioni avverranno online e allo stesso modo si sceglierà una scuola; in più, novità delle novità (in tempo di pandemia, non ci facciamo mancare niente), il contratto dei docenti a tempo determinato si potrà risolvere se ci sarà un nuovo lockdown, lasciando a casa, se ciò dovesse avverarsi, molti precari della scuola, suscitando enormi interrogativi per tutto il comparto.

Ogni docente sarà alle prese con un nuovo modo di relazionarsi con i propri alunni, che dovranno stare seduti ad un metro di distanza l’uno dall’altro, ed insegnare con la scomoda mascherina chirurgica che potrà togliere solamente a due metri di distanza dal gruppo classe e dovranno averla anche gli studenti, per parlare fra loro.

Insomma, l’inizio dell’anno scolastico è tutto in salita, in particolare si è individuata la nuova figura strumentale del referente Covid che si interfaccerà con il personale dell’ASL di riferimento e applicherà il nuovo protocollo ad ogni singolo caso che possa presentarsi a scuola, cercando di gestirlo secondo le  regole, fornite dalle strutture sanitarie.

Una situazione non facile per ogni insegnante, che dovrà monitorare oltre  all’andamento della didattica anche la situazione sanitaria di ciascun studente.  Ciò potrà comportare che un alunno potrebbe essere messo in quarantena se viene rilevato la positività del tampone, richiesto dal pediatra, e di conseguenza la sua classe potrebbe essere posta anch’essa in quarantena, come il personale scolastico che le ruota intorno.

La scuola naviga a vista ogni anno scolastico, ma questo sarà un’annata particolare, in cui più che mai servirà una solida e stretta collaborazione tra scuola e famiglia, per superare il momento di difficoltà posto dall’emergenza sanitaria.

di

Barbara Castellano, insegnante di scuola primaria

Vi presento la mia newsletter educata

Da qualche mese ho attivato la mia nuova newsletter dove faccio un breve riassunto dei contenuti (video, podcast,articoli…) del blog pubblicati ma sopratutto cerco di descrivere il mio percorso professionale da libera professionista o meglio di inizio della stessa.

Questa newsletter si chiama newsletter educata in quanto vuole richiamare il senso pedagogico intrinseco della stessa. Insomma non è la solita newsletter giornaliera o settimanale che intasa la vostra posta elettronica. E’ una newsletter mensile e periodica volta proprio alla costruzione e al “tirare le fila” del mio percorso e dei contenuti online.

Tramite Substack , un tool legato alle newsletter ho iniziato questa mia newsletter e spero vi possa interessare.

Se non siete ancora iscritti vi invito ad iscrivervi e mandarmi qualche feedback.

Vi ringrazio per seguirmi

Il Giardino Della Pedagogia

Maria Sara Dellavalle

Il Ritorno dopo le ferie

Tornare alla quotidianità, alla vita lavorativa e alla routine giornaliera sicuramente non è semplice sopratutto se si hanno dei figli.

Per i genitori la parte più complessa è sicuramente il ritorno al lavoro mentre per i figli il tornare a scuola.

La famiglia quindi ritorna alla normalità. Sicuramente visto il periodo quest’ultimo termine deve essere virgolettato ma si cerca comunque di tornare a vivere tranquillamente convivendo con le complessità del periodo.

I servizi per la famiglia quest’estate hanno fatto molti sforzi sopratutto se pensiamo ai centri estivi e a tutti questi servizi all’aria aperta (Outdoor) fondamentali per il bambino. A mio avviso tali attività all’aria aperta si dovrebbero fare anche in inverno lo dimostrano numerosi modelli educativi europei tra cui quello tedesco nella quale ho tratto la mia tesi magistrale.

Il vivere all’aria aperta, a contatto con la natura fortifica anche in senso fisico il bambino non solo in senso psicologico ed educativo.

Comprendere i rischi, l’errore e il rimediare sono fondamentali nel gioco tra pari e permettono al bambino di essere autonomo e più responsabile.

Naturalmente anche il luogo educativo è importante nel processo educativo e quindi le attività interne dal gioco, al pasto per finire al momento della conclusione della giornata in un servizio.

Occorre quindi una libertà individuale nel fare, imparare facendo diceva Maria Montessori avendo come base regole e principi educativi che un genitore deve attivare ed attuare nel porre la direzione per una maggiore consapevolezza nell’affrontare la vita sopratutto i rischi, gli ostacoli e le difficoltà.

Concludo con una citazione ll vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi. (Marcel Proust )

Occorre quindi avere nuovi occhi, nuove consapevolezze per poter ripartire al meglio.